La tecnologia riesce talvolta a interrogare il passato con più precisione dell’occhio umano: l’ultimo esempio proviene da uno studio che ha analizzato la celebre Madonna della Rosa, tradizionalmente attribuita a Raffaello.
Un team internazionale, guidato dal matematico Hassan Ugail dell’Università di Bradford, ha impiegato un modello di deep learning per scandagliare ogni pennellata del dipinto e ha concluso che il volto di San Giuseppe potrebbe essere stato aggiunto da un’altra mano, forse quella dell’allievo Giulio Romano. La ricerca, pubblicata su Heritage Science, segna un traguardo nel dialogo fra arte e intelligenza artificiale.
Come un algoritmo ha letto la Madonna della Rosa
Per l’indagine è stata adottata una rete neurale basata sull’architettura ResNet50, addestrata a riconoscere tratti distintivi delle opere del maestro urbinate. Dopo aver confrontato migliaia di campioni digitali tratti da dipinti coevi, il sistema ha raggiunto un’accuratezza del 98 percento nel distinguere lo stile di Raffaello.
Ugail ha spiegato che il software “scruta le tele a livello microscopico”, rilevando variazioni cromatiche e micro-segni del pennello che risultano invisibili persino agli esperti con la lente d’ingrandimento. Applicando questa capacità alla “Madonna della Rosa”, il modello ha confermato l’autenticità di Maria, del Bambino e di San Giovanni, mentre ha individuato anomalie pittoriche nel volto di San Giuseppe.
I ricercatori hanno messo in relazione queste differenze con lo stile giovanile di Giulio Romano, collaboratore di bottega del pittore. Il risultato consolida ipotesi formulate già nell’Ottocento, ma rimaste sospese per mancanza di prove tecniche convincenti. Oggi, la potenza di calcolo fornisce quella prova: dati numerici e immagini ad altissima risoluzione che inchiodano i singoli tratti del pennello a un autore specifico.
Cosa cambia per gli studiosi e per il pubblico
La revisione dell’attribuzione di uno dei quattro personaggi della scena offre a storici, restauratori e collezionisti un potente alleato scientifico. Finora l’analisi dell’opera d’arte combinava esame dei pigmenti, studio dei documenti d’archivio e confronto stilistico svolto dall’occhio umano; l’AI introduce un riscontro addizionale, basato su parametri misurabili e replicabili.
Grazie a queste tecniche, sarà possibile ridurre i margini di errore nel riconoscimento delle opere di bottega, mappare con maggiore chiarezza i contributi degli assistenti e calibrare meglio gli interventi di restauro, evitando ritocchi che potrebbero snaturare l’originale.
Il risultato non sottrae importanza alle competenze critiche degli storici dell’arte: la macchina fornisce serie numeri, ma l’interpretazione finale resta affidata alle loro conoscenze. In questo senso, l’intelligenza artificiale diventa un’estensione delle capacità umane, in grado di rispondere a domande rimaste aperte per secoli e di stimolare nuove ricerche.
Con l’evolversi degli algoritmi e l’aumento dei database iconografici, altri capolavori potrebbero presto rivelare dettagli taciuti dal tempo, ridefinendo confini e attribuzioni all’interno del Rinascimento e oltre.